LE RAGIONI DEL CUORE
Egregio Direttore,
ho letto con un certo interesse il resoconto pubblicato dal Suo giornale in data 17 febbraio, relativo alla presentazione in Sala Tricolore della finale di
Women’s Champions League, che si svolgerà a Reggio Emilia il prossimo 26 maggio.
Ho notato che il Suo giornale ha voluto evidenziare anche la mia presenza, definita entusiasta.
La notizia è falsa.
E non mi riferisco alla presenza.
Non so che cosa (o chi?) abbia suggerito al bravo Luigi Viceti, autore dell’articolo, una simile interpretazione dei miei sentimenti.
Non sembri scortesia il raffronto comparativo, ma una testata concorrente ha pubblicato una mia fotografia in Sala Tricolore assai più aderente alla realtà. Provi a recuperarne una copia e faccia le Sue valutazioni.
Lei mi insegna che i giornali non sono affatto obbligati a pubblicare tutto ciò che ricevono, ma se proprio si voleva sapere quale fosse il mio stato d’animo dopo la Presentazione, si poteva semplicemente chiedermelo o bastava riprendere e riportare (come hanno fatto altri organi di stampa) le poche righe di commento che sono state fatte pervenire ai giornali. Gliele riferisco per Suo comodo: “
Milena Bertolini, presidente della Fondazione per lo sport e allenatrice del Brescia calcio femminile, che si è qualificato per i quarti di finale della manifestazione e che di recente con la Fondazione ha curato la pubblicazione del libro “Giocare con le tette”, proprio criticando il modo in cui il calcio viene trattato in Italia, dal suo profilo Facebook ironizza e lancia la sfida: “Guarderemo i fatti, oppure come prossima sigla della Champions proporremo le note della celeberrima canzone di Mina: “Parole, parole…”.
Forse non saranno parole giornalisticamente entusiasmanti, ma, deduca Lei, se si possono dire entusiaste.
Chi ne voleva sapere di più, poteva leggere, grazie al link che era stato allegato, il post che ho pubblicato sul mio profilo Facebook e avrebbe potuto conoscere qualche dettaglio aggiuntivo.
A scanso di equivoci, che qualcuno sarebbe ben felice di montare ad arte, nessun dissidio o polemica con il Comune: il comunicato è stato inviato alla stampa con l’intendimento di non essere confusi nel coro degli osanna, celebrati da chi prima di ieri non aveva certo avuto espressioni lusinghiere nei confronti del calcio femminile e che, senza nemmeno accennare a un tratto neanche minimo di scuse, si è presentato alla liturgia cerimoniale con abiti immacolati.
Naturalmente da chi è stato profondamente ferito da anni di discriminazioni e da parole inqualificabili, non si può certo pretendere altro che una presenza istituzionale, sobria, silenziosa: entusiasta no. Poiché il calcio femminile lo vivo da dentro, Le assicuro che questa è una ferita che necessita almeno di un po’ di tempo per essere rimarginata, senza dover essere costretti per giunta a recitare a comando un copione che tradirebbe le migliaia di ragazze che contro tutto e contro tutti si ostinano a voler giocare a calcio.
Caro Direttore, nonostante il dissimulato ostruzionismo siamo riusciti a pubblicare e far conoscere il libro che, come Fondazione, abbiamo pubblicato proprio sul tema del calcio femminile, un libro dal titolo shock, “
Giocare con le tette”, che prossimamente andremo a presentare a livello nazionale.
Questo è forse l’ultimo “libro proibito” ed oggi cominciamo a capire perché: si parla di come il calcio femminile è nato e si è sviluppato durante il periodo del regime fascista e di come dal dopoguerra fino agli ultimi poco edificanti episodi è stato ridicolizzato, ostacolato, boicottato, marginalizzato, insultato. Lei concorderà con me che sarà bene non si ripetano più i tempi in cui, come ai tempi de “Il Littoriale”, i ras locali si affannavano a riferire a Roma la loro preoccupazione per la diffusione del calcio tra le donne, scodinzolando per avere credibilità e aumentare così il proprio piccolo potere territoriale.
Se Lei vorrà trovare il tempo di leggere il libro, vi troverà, oltre a questi episodi, spunti interessanti per capire come un certo mondo, un certo potere, certi interessi siano sopravvissuti ai diversi cambi di regime e siano ancora lì e abbiano radici primordiali. La colpa di questo “libro proibito” è quella di scrivere nero su bianco la verità, senza fare sconti e di scriverla con ironia, l’unica arma davvero corrosiva per ogni forma di potere.
Tornando alla presentazione in Sala del Tricolore un’ultima amara considerazione: abbiamo ascoltato i vertici calcistici rivendicare con orgoglio di avere portato sul palcoscenico “i gioielli di famiglia”.
Di quanto gliene importi del calcio femminile lo si vede persino da questo, se è vero che, non fosse stato per il Sindaco, perfetto padrone di casa e che ringrazio di cuore, nessuno si sarebbe ricordato che davanti a loro non c’era solo un “gioiello di famiglia” , ma - senza nulla togliere alle calciatrici presenti - un monumento del calcio femminile:
Betty Vignotto, una che il calcio femminile lo ha scritto con classe cristallina, con la propria vita e con i propri sacrifici.
Mi perdoni Direttore la franchezza, ma anche qui, invece di inventarsi improbabili colorature dei miei sentimenti, sarebbe stato meglio ricordarsi di Betty.
Per fortuna qualcuno le ha dedicato un breve articolo a centro pagina: mi spiace non sia stata la Sua testata.
Voglia comunque gradire i miei cordiali saluti.
Milena Bertolini
Ultimo aggiornamento: 11/05/16